Conto corrente: cosa succede in caso di decesso di un cointestatario

FMS | 15 luglio 2022
Conto corrente: cosa succede in caso di decesso di un cointestatario

Quando il cointestatario di un conto corrente muore, ci si potrebbe porre le seguenti domande: «A chi va il saldo del conto corrente cointestato con un defunto?», «Il cointestatario rimasto in vita può prelevare l’intera giacenza?», «E’ legittimo che le banche congelino il conto corrente del defunto imponendo al cointestatario sopravvissuto una serie di adempimenti al fine di poter ottenere lo svincolo delle somme ivi depositate?». Cerchiamo di fare un po' di chiarezza in proposito. 

Al momento della morte di un soggetto, si apre la successione anche del conto corrente, la quale segue un iter parzialmente diverso a seconda che si tratti, ad esempio, di conto cointestato a firma congiunta o disgiunta. Nel primo caso, atteso che tutte le operazioni devono avvenire con l’autorizzazione di ciascun titolare, la successione del conto corrente cointestato determina il congelamento degli interi importi e pendenze afferenti quel conto, talché neppure il contitolare superstite può eseguire alcuna operazione fino a quando l’istituto di credito non ha identificato le persone degli eredi e le quote di loro spettanza. Viceversa, nel caso di firma disgiunta, almeno in teoria la successione sul conto corrente cointestato lascia impregiudicata la possibilità del correntista ancora in vita di eseguire qualsiasi tipo di operazione e movimento, purché in misura non eccedente le somme che si presumono essere di sua spettanza.

Soprattutto in passato, però, non era infrequente che la banca decidesse di bloccare comunque l’intero importo sul conto corrente, per tutelarsi in caso di eventuali contenziosi con gli eredi, imponendo al cointestatario sopravvissuto vari adempimenti al fine di poter ottenere lo svincolo delle somme ivi depositate, iter ingiustificatamente lungo e complesso. La Suprema Corte, tuttavia, è nuovamente intervenuta sulla questione con l’ordinanza n. 7862 del 19 marzo 2021, affermando che è illegittimo il comportamento della banca che impedisce al cointestatario del conto corrente a firma disgiunta di prelevare anche l’intera giacenza alla morte dell’altro titolare. E ciò perché la situazione che si viene a verificare in caso di conto corrente cointestato a firma disgiunta è una “solidarietà attiva” (o passiva, a seconda che il saldo sia positivo o negativo), ai sensi dell’art. 1854 c.c.: in altre parole, ciascun cointestatario può esigere dal debitore (la banca) l’intera prestazione.

Come noto, il testo unico delle imposte di successione vieta di pagare agli eredi i debiti dovuti al defunto, o di restituire ad essi le cose di proprietà di quest’ultimo, se prima non viene presentata la dichiarazione di successione. Ragion per cui la banca, prima di consentire il prelievo delle somme giacenti sul conto del defunto, esige una copia della dichiarazione di successione. Tale prassi viene seguita anche nel caso di conto corrente cointestato. Il che determina, non poche volte, un grave pregiudizio nei confronti del cointestatario che riceve, sul conto in questione, la propria pensione o gli altri redditi necessari alla sopravvivenza. Il blocco del conto gli impedisce infatti di poter prelevare qualsiasi importo fino a quando non viene completata la dichiarazione di successione. Con la pronuncia n. 7862/2021, la Cassazione censura in modo aperto tale operato delle banche: l’istituto di credito – sostiene la Suprema Corte – deve sempre consentire al cointestatario del conto cointestato a firma disgiunta il prelievo, anche se si tratta dell’intera giacenza presente. Il blocco del conto corrente è illegittimo in tali ipotesi. La giurisprudenza di legittimità ha reiteratamente affermato che, nel caso in cui il deposito bancario sia intestato a più persone con facoltà per le medesime di compiere operazioni, attive e passive, anche disgiuntamente, si realizza una solidarietà dal lato attivo dell’obbligazione, che sopravvive alla morte di uno dei contitolari; sicché, il contitolare ha diritto di chiedere, anche dopo la morte dell’altro, l’adempimento dell’intero saldo del libretto di deposito a risparmio o del conto corrente.

L’adempimento così conseguito libera la banca verso gli eredi dell’altro contitolare che non potranno recriminare nulla contro l’istituto di credito, né chiamarlo a rispondere delle somme sottratte dal cointestatario (si veda anche Cass. Civ. n. 15231/2002 ed in senso conf. Cass. Civ. n. 12385/2014). La Cassazione ha anche ulteriormente evidenziato come costituisce uno specifico obbligo della banca, scaturente dalla disciplina del contratto bancario, quello di permettere al singolo cointestatario, anche dopo la morte dell’altro titolare del rapporto, di poter pienamente disporre delle somme depositate, ferma restando la necessità di dover verificare la correttezza di tale attività nell’ambito dei rapporti interni tra colui che abbia prelevato e gli eredi del cointestatario. Nel caso quindi la banca neghi lo svincolo del conto, il cointestatario potrà ottenere decreto ingiuntivo di pagamento nei confronti dell'istituto per l'intero importo del saldo contabile ferma la necessità, in caso di opposizione da parte della banca, di attivare la mediazione, nella fattispecie obbligatoria, riguardando un contratto bancario. (Attenzione però, il cointestatario che preleva l’intera somma è comunque tenuto a restituirne metà agli altri eredi. Nel caso in cui questi non lo faccia, tuttavia, come si è detto gli eredi possono agire soltanto nei confronti del cointestatario e non contro la banca). Se invece la cointestazione di un conto corrente dovesse risultare simulata, in tal caso il cointestatario apparente e rimasto in vita non potrà vantare pretese neppure sulla porzione che sarebbe stata di sua esclusiva proprietà nel caso di “vera” cointestazione: così l’intero importo del saldo presente sul conto al momento della morte del cointestatario cadrà in successione secondo le regole ordinarie.

Proprio in tema di onere probatorio, è interessante fare riferimento anche ad una pronuncia della Suprema Corte che precede di appena un mese quella sopra esaminata, l’ordinanza n. 4838 del 23 febbraio 2021, dove viene precisato quanto segue: La cointestazione di un conto corrente tra coniugi attribuisce agli stessi, ex art. 1854 c.c., la qualità di creditori o debitori solidali dei saldi del conto, sia nei confronti dei terzi che nei rapporti interni, e fa presumere la contitolarità dell’oggetto del contratto; tale presunzione dà luogo ad una inversione dell’onere probatorio che può essere superata attraverso presunzioni semplici – purché gravi, precise e concordanti – dalla parte che deduca una situazione giuridica diversa da quella risultante dalla cointestazione stessa (Cass. Civ. n. 18777/2015). Pertanto, ove il saldo attivo del conto cointestato a due coniugi risulti discendere dal versamento di somme di pertinenza di uno soltanto di essi, si deve escludere che l’altro coniuge, nel rapporto interno, possa avanzare diritti sul saldo medesimo (Cass. Civ. n. 3248/1989 e n. 4066/2009). Nel conto corrente bancario intestato a due (o più) persone, i rapporti interni tra correntisti rimangono invece regolati dall’art. 1298 c.c., comma 2, in base al quale debito e credito solidale si dividono in quote uguali, solo se non risulti diversamente; sicché, non solo si deve escludere, ove il saldo attivo derivi dal versamento di somme di pertinenza di uno solo dei correntisti, che l’altro possa, nel rapporto interno, avanzare pretese su tale saldo ma, ove anche non si ritenga superata la detta presunzione di parità delle parti, va altresì escluso che, nei rapporti interni, ciascun cointestatario, anche se avente facoltà di compiere operazioni disgiuntamente, possa disporre in proprio favore, senza il consenso espresso o tacito dell’altro, della somma depositata in misura eccedente la quota parte di sua spettanza, e ciò in relazione sia al saldo finale del conto, sia all’intero svolgimento del rapporto (Cass. n. 77/2018). Inoltre, premesso che per costante giurisprudenza di legittimità, la disciplina civilistica di un istituto è applicabile al campo tributario qualora l’ordinamento tributario non disciplini autonomamente la materia con proprie norme, anche se derogatorie rispetto a quelle civilistiche, va rilevato come il principio della piena disponibilità delle somme sopra esaminato incontri un ulteriore elemento di stimolo proprio dalla normativa fiscale in materia successoria.

Infatti i Collegi ABF, in linea con la posizione espressa dal Collegio di Coordinamento con la decisione n. 5305/2013, ritengono che “la possibilità di disporre dell’intero saldo presente sul conto da parte del contitolare superstite trova tuttavia un “vincolo di indisponibilità della somma” nella normativa tributaria – segnatamente nell’art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 346/1990 (Testo Unico in materia di imposta di successioni e donazioni) – che impone la presentazione preventiva della denuncia di successione da parte degli eredi, ovvero della c.d. “dichiarazione negativa” di cui all’art. 28 del medesimo T.U.; ne deriva che, sino al momento in cui non risulti soddisfatta la condizione relativa alla presentazione della documentazione successoria, permane in capo all’intermediario un divieto di esecuzione della prestazione, in ragione di interessi pubblici ritenuti preminenti dal legislatore (ABF, Coll. Coord., Dec. n. 5305/2013, cit.)». (cfr. ex multis Collegio di Napoli, decisione n. 120/2016). Si è infatti osservato che “ragionando a contrario, l’insussistenza di tale vincolo consentirebbe facili pratiche elusive della normativa fiscale, consentendo agli eredi di evitare il pagamento dell’imposta sulla successione, semplicemente cointestando un deposito in conto corrente.

La disposizione di cui all’art. 48, comma 4, invece, impone al debitore un vincolo dal quale deriva per l’intermediario un vero e proprio divieto di esecuzione della prestazione (alla stregua di un’impossibilità giuridica sopravvenuta), in funzione di interessi pubblici ritenuti preminenti dal legislatore, almeno sino al momento in cui non sia soddisfatta la condizione rappresentata dalla presentazione della denuncia di successione; non a caso, la normativa speciale prevede l’applicazione delle sanzioni di cui all’art. 53 t.u., nell’ipotesi in cui la banca provveda comunque alla liquidazione della quota ereditaria. Proprio per questa ragione, deve ritenersi che il vincolo di indisponibilità, che grava sulla quota caduta nell’asse ereditario, possa essere fatto valere anche nei confronti degli altri cointestatari, pur legittimati, fin tanto che gli eredi non provvedano al completamento della presentazione della documentazione successoria…” (cfr. Collegio di Milano, decisione n. 1615/2019). Infine, una volta che la banca avrà provveduto a scongelare le somme presenti sul conto, si aprirà la successione sul conto corrente cointestato e gli eredi, oltre ad avere la possibilità di essere liquidati pro quota (atto che corrisponde ad una tacita accettazione dell’eredità), potranno anche mantenere in vita il rapporto di conto corrente già in essere, subentrando alla titolarità del de cuius, occorrendo, tuttavia, che ogni operazione sia autorizzata dalla totalità degli eredi.

Logo FMS Associati
Milano
Corso Buenos Aires, 60
info.mi@fmsassociati.it
Pavia
27100 - Via Cardano, 4
info.pv@fmsassociati.it
Voghera
27058 - Via Plana, 3
info.vg@fmsassociati.it
Alessandria
15121 - Via Marengo, 33
info.al@fmsassociati.it
Contact Center+39 0382 28382
FMS © 2024 FMS Associati | C.F e P.IVA 02572050181 | Privacy & Cookies