L’opposizione alle procedure esecutive in materia tributaria: quale giurisdizione?

FMS | 28 gennaio 2021
L’opposizione alle procedure esecutive in materia tributaria: quale giurisdizione?

Con l’Ordinanza n. 7822 del 14 aprile 2020, le Sezioni Unite hanno risolto in via definitiva il problema del riparto della giurisdizione con riferimento alle opposizioni avverso le procedure esecutive finalizzate al recupero coattivo di crediti di natura tributaria.

Il provvedimento in parola costituisce la chiusura di un percorso giurisprudenziale piuttosto accidentato, di cui vanno ricordati gli ultimi tre passi, posto che: la questione della giurisdizione in materia di esecuzione forzata tributaria nasce da un quadro normativo complesso e disarmonico, costituito da cinque norme: l’art. 2 d.lgs. 546/92, che attribuisce alle commissioni tributarie la cognizione di tutte le questioni riguardanti tributi di ogni genere, ad eccezione degli “atti dell’esecuzione forzata tributatria successivi alla notifica della cartella di pagamento”.

L’art. 19 comma 3 del medesimo Decreto consente la tutela recuperatoria, ossia di impugnare l’atto non notificato unitamente al primo atto successivo con cui il contribuente è portato a conoscenza della pretesa erariale. L’art. 49 del d.P.R. 602/73 stabilisce l’applicabilità delle norme ordinarie al procedimento di espropriazione forzata in materia tributaria; l’art. 9 del codice di procedura civile, poi, attribuisce al Tribunale “le cause in materia di imposte e tasse”. Infine, l’art. 57 del d.P.R. 602 vieta(va) le opposizioni all’esecuzione (art. 615 c.p.c.) salvo quelle relative alla pignorabilità dei beni, e le opposizioni agli atti esecutivi (art.617 c.p.c.) per questioni di regolarità della notifica.

A risolvere i problemi interpretativi ed applicativi che ne derivavano, come detto, tre pronunce: la Sentenza 13913/17, con cui le Sezioni Unite hanno attribuito al Giudice Tributario la giurisdizione in merito alle opposizioni agli atti esecutivi per l’ipotesi di illegittimità derivata, ossia frutto della mancata o irregolare notifica degli atti antecedenti, e al giudice ordinario quella sui vizi originari dell’atto.

La Sentenza 114/2018 della Corte Costituzionale, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 57 d.P.R. 602/73 nella parte in cui non prevede l’esperibilità dell’opposizione ex ar.t 615 c.p.c. per gli atti dell’opposizione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento. Ed infine, l’Ordinanza 7822 del 14 aprile 2020, che ha stabilito che le opposizioni ex art. 615, in materia tributaria, spettano alla cognizione del giudice tributario se hanno funzione recuperatoria, e cioè se viene chiesto al giudice di dichiarare l’illegittimità di atti antecedenti alla notifica della cartella di pagamento, o della cartella stessa, se il contribuente ne sia venuto a conoscenza per la prima volta con l’atto di pignoramento.

Spettano invece alla cognizione del giudice ordinario le opposizioni che riguardano fatti che spiegano i loro effetti – o, in altri termini, la cui esistenza viene ad essere, giuridicamente - in un momento successivo alla notifica della cartella di pagamento. Questo significa, come rilevano le SS.UU. al termine di un articolato e ricco iter argomentativo, che i fatti da sottoporre alla cognizione del giudice ordinario sono quelli che il contribuente può far valere non a causa della mancata conoscenza degli atti antecedenti al pignoramento ma, eventualmente, nonostante essa.

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