NFT, Metallica vs. napster e il futuro del music business

FMS | 07 marzo 2022
NFT,  Metallica vs. napster e il futuro del music business

L’avvento della tecnologia digitale ha certamente rivoluzionato l’industria musicale. La smaterializzazione della fruizione, infatti, ha avuto la conseguenza di rendere superfluo l’utilizzo di un supporto fisico, rendendo obsoleti cd, cassette e vinili.

La possibilità di accedere a librerie pressochè illimitate tramite i servizi di streaming in abbonamento ha sostanzialmente completato l’evoluzione: non occorre più, per ottenere un contenuto, acquistarlo, se questo fa parte del catalogo della piattaforma prescelta.

Questa evoluzione è proseguita, praticamente, senza soluzione di continuità a partire dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso, ed ha avuto un enorme impatto sull’industria musicale, oltre che sugli artisti. Non potendo più contare sui proventi derivanti dalle vendite dei dischi, le etichette discografiche hanno avuto un drastico calo degli introiti, e così i musicisti: e questo calo non è stato neanche compensato dai guadagni procurati dallo streaming e dal downoload legale.

Senza contare la diffusione illegale tramite la condivisione peer to peer, che ha consentito l’acquisizione di file musicali gratuitamente e rapidamente ad una enorme platea di utenti. Qualcuno forse ricorderà, a proposito, che, sul finire del Ventesimo secolo, i Metallica (nota rock band statunitense) intentarono causa a Napster, che rea una piattaforma di condivisione di file mp3, ottenendone la chiusura.

I Metallica avevano intuito con largo anticipo le conseguenze della digitalizzazione del mercato musicale; quello che non avevano intuito, invece, è che non si può arrestare il progresso della tecnologia. Quel progresso non si è arrestato, infatti, ed oggi chiunque abbia uno smartphone può accedere ad una delle piattaforme che consentono l’ascolto di musica in streaming, come Spotify, Apple Music, Amazon o Bandcamp, pagando abbonamenti a costi estremamente contenuti, a fronte di guadagno assolutamente modesti per gli autori.

Ma, lo stesso progresso tecnologico che ha tolto, oggi forse può restituire. Il problema principale della musica digitale, infatti, è che, una volta che una copia del file è stata scaricata su un dispositivo, non se ne può in alcun modo controllare la circolazione. A questo problema, la tecnologia della blockchain e gli NFT offrono una soluzione. Producendo i file musicali in quel formato, infatti, gli artisti o le etichette potranno averne il controllo. Non è difficile immaginare, in un prossimo futuro, piattaforme musicali pensate per gli NFT che consentano l’ascolto del brano – o dell’album – solo a chi lo abbia acquistato, e solo tramite la piattaforma stessa, senza possibilità di download.

Uno scenario di questo tipo vedrebbe un ritorno al passato del music business: per fruire del contenuto, occorrerà (di nuovo) acquistarlo, senza possibilità di avvedervi in altro modo. Gli artisti potrebbero tornare a trarre profitto della loro creazioni, e così le etichette, senza necessariamente che si debba tornare al supporto fisico. Non solo: potrebbero essere creati, per ciascun brano, diversi NFT con diversi formati, per accontentare gli audiofili che desiderano file cosiddetti losseless, o addirittura pensare a differenti tipologie di mixaggio o di mastering, per ricreare digitalmente il suono del vinile. Si realizzerebbe, insomma, l’obiettivo che i Metallica tentarono di raggiungere oltre vent’anni fa, cioè di controllare la circolazione della musica digitale: solo non contro la tecnologia, ma grazie a essa.

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